Biblioteca del Collegio Maronita

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Il Pontificio Collegio Maronita è sempre stato dotato, nella sua gloriosa storia, di una biblioteca molto importante a livello ecclesiastico e culturale.

Papa Gregorio XIII, cercò di arricchirla dotandola di un numero considerevole di volumi a stampa e di manoscritti rari.
Sin dall’inizio del XVI sec. gli aspiranti sacerdoti, inviati dal loro Patriarca per studiare e formarsi nella capitale del cattolicesimo, portavano con loro manoscritti liturgici, spirituali e storici, ed altre rarità bibliografiche tenute al sicuro e nascoste durante il periodo buio dell’Impero ottomano.

Di questi manoscritti la maggior parte erano stati redatti dagli eremiti e dai monaci che dimoravano nella Valle Santa (valle di Kadisha); ed é proprio in questo modo che iniziò a formarsi il primo nucleo della Biblioteca del Pontificio Collegio Maronita.

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Inoltre gli studenti novizi, hanno contributo in modo diretto alla grandezza della biblioteca anche con le loro personali pubblicazioni, lasciando una copia dei libri o articoli per la biblioteca.
Inoltre gli studenti novizi, contribuirono in modo diretto alla grandezza della biblioteca, lasciando una copia dei libri o articoli per la biblioteca e anche le loro personali pubblicazioni.
Nel 1700 la biblioteca possedeva una collezione di circa 4.000 manoscritti, oltre alle pubblicazioni dei grandi studiosi Maroniti come: Youhanna Mahlouf, Douehi Hakalni, Giuseppe Simone Assemani, ritenuti i Dottori della letteratura dell’ Oriente Cristiano. Dopo quasi 250 anni dalla fondazione del Collegio Maronita, troviamo una biblioteca quasi unica a Roma per la sua specificità e ricchezza di manoscritti e opere proveniente dalla tradizione della Chiesa Maronita/Antiochena.
Chi conosce bene la storia del Pontificio Collegio Maronita, sa benissimo che la sua la biblioteca era una tra le più grandi e preziose, non solo di Roma ma di tutto l’Occidente Cattolico; soprattutto per i manoscritti siriaci, aramaici, ebraici in essa custoditi. Il primo libro stampato in lingua araba risale al 1621 e fu la Bibbia, Antico e Nuovo Testamento curata e tradotta dallo stesso Collegio Pontificio.

Nel Vat Syr 400, che si trova ora in Vaticano, possiamo leggere una dedica di Stefan El Douehi, studente del collegio e successivamente Vescovo e Patriarca della Chiesa Maronita: “Questo manoscritto del Pontificale Maronita è stato donato da Noi insieme ad un altro manoscritto precedente scritto con la Nostra mano per il Pontificio Collegio Maronita e né da Dio né da Noi viene il potere di poter vendere o trasferire tale manoscritto dal Pontificio Collegio Maronita. Rende fede a questo il nostro autografo e Dio è il testimone su di noi 18 marzo 1700”.


Ma dove sono andati a finire tutti questi manoscritti?
Quando il Pontificio Collegio Maronita, nel 1798, venne confiscato dai soldati di Napoleone e dopo la vendita all’asta di tutti i beni del Collegio, Napoleone si impadronì di circa 500 manoscritti orientali, collocati in seguito presso la Biblioteca Nazionale di Parigi. Solo pochi tra questi, come il manoscritto catalogato e conosciuto come Vat Syr. 215, è stato successivamente restituito alla Città del Vaticano.

Anche la Commissione incaricata da N. Bonaparte di vendere il Collegio, contribuì alle ruberie già perpetrate, sottraendo altre opere facilitando la dispersione della ricchezza della biblioteca.

Gli studenti del Collegio cercarono di salvare i manoscritti e le opere più importanti nascondendoli, per la maggior parte, presso la biblioteca della Propaganda Fide, ed in altri istituti come il Collegio dei Lazzaristi a Montecitorio, il Collegio Romano dei Gesuiti, il Convento dei Monaci Libanesi Maroniti (ora Mariamiti) in San Pietro in Vincoli.
Successivamente con la riapertura del Pontificio Collegio Maronita nel 1891, sotto il pontificato di Papa Leone XIII, il patriarca Youhanna El Hajje incaricava il Rettore Corepiscopo Gabriele Moubarak, di cercare di ottenere attraverso il Prefetto di Propaganda Fide, la restituzione della collezione libraria, che rappresentava la maggior consistenza del patrimonio posseduto ab origine dalla Biblioteca del Collegio Maronita.

Il Cardinale Ledochowski, allora Prefetto della Propaganda Fide, scrisse una lettera al Patriarca Yohanna EL Hajje l’11 dicembre 1894 in cui spiegava la difficoltà di restituire il patrimonio della Biblioteca del Pontificio Collegio Maronita, sostenendo che ormai essa era parte integrante del posseduto della loro biblioteca. Ma prometteva di fare il possibile per restituire la maggior parte dei libri al Collegio Maronita con il permesso del Pontefice. Inoltre per i libri ormai assimilati nei Fondi della biblioteca di Propaganda Fide, avrebbe previsto un compenso equivalente in denaro o l’acquisto di opere per la riabilitazione della Biblioteca del Pontificio Collegio Maronita*.

Il 24 aprile 1895 il Patriarca rispondeva al Cardinale ringraziando il Prefetto, per aver accolto la proposta del suo Vicario Mons. Elia El Hoyek di ridonare alla biblioteca del Pontificio Collegio Maronita i libri che erano stati loro consegnati anni prima. Nell’accordo venne stabilito che la Propaganda Fide facesse una donazione di 930 libri al Collegio Maronita, che nell’accettare le nuove acquisizioni rinunciava, così, ai libri e ai manoscritti di pregio facenti ormai parte della loro biblioteca. Inoltre, fu richiesto al Cardinale di poter far dono donare al nuovo Collegio Maronita di una copia di tutti i libri stampati dall’anno 1850 nella tipografia della Propaganda Fide o almeno di una parte delle più notevoli e pregiate edizioni.
Purtroppo i manoscritti preziosi e le opere rare del precedente Collegio Maronita non vennero mai riconsegnati al nuovo Collegio, ma furono trasferiti alla Biblioteca Apostolica Vaticana e arricchiscono ancora oggi grande parte del “Fondo Borgiano”.

Dal 1895 fino al 1939, quando il Collegio venne chiuso a causa della Seconda Guerra Mondiale, tutti i libri dell’originaria collezione, che si trovavano ancora nel Collegio, diretto dai padri Gesuiti furono anch’essi portati da quest’ultimi al Pontificio Istituto Orientale.

Quindi, tutti i tesori del vecchio collegio, inizialmente nascosti per proteggerli dalla bramosia dei francesi e sottratti, in seguito, dai gesuiti presenti sul posto durante la seconda chiusura del Collegio, sono stati smembrati; permettendo così la distruzione di collezioni storiche e uniche come le opere di Assemani e di El Douahi, i rituali, i messali, i libri rari, le testimonianze scritte e prodotte dagli alunni maroniti; che avrebbero reso possibile un’analisi dettagliata e precisa dello sviluppo della Chiesa Maronita a Roma.

Molti anni sono trascorsi e da allora nessuno ha mai richiesto o ha avuto il coraggio di richiedere ai Gesuiti la restituzione del ricco bottino sottratto al Collegio Maronita pur avendo a disposizione una lista delle opere concesse nel 1895 dalla Propaganda Fide.

Monsignor Antoine Gebran


* Per approfondire vedi la corrispondenza del Patriarca Youhanna EL HAGGEdell’anno 1894, fascicolo del collegio maronita, Bkerke, Libano.