In ricordo di Sua Eminenza Ignace Moussa DAOUD

Carissimi,
il 7 aprile scorso abbiamo perduto un grande amico: si è infatti spento a Roma Sua Eminenza Ignace Moussa DAOUD, Prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali e Patriarca emerito di Antiochia dei Siri.

Era nato a Meskanè il 18 settembre del 1930; nel 1954 ricevette l’ordinazione sacerdotale, compì gli studi a Gerusalemme e a Roma presso la Pontificia Università Lateranense, dove si licenziò in Diritto Canonico e, in seguito, lavorò presso il Tribunale Ecclesiastico Patriarcale di Beirut.

Nel 1977 fu eletto vescovo dell’Eparchia del Cairo dei Siri per essere in seguito trasferito all’Arcieparchia di Homs fino ad essere eletto Patriarca di Antiochia nel 1998.

Nel 2000, Papa Giovanni Paolo II lo nominò Prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali e gran Cancelliere del Pontificio Istituto Orientale; l’anno successivo fu innalzato alla porpora cardinalizia.
La carica di Prefetto fu ricoperta fino al 2007, quando il 9 giugno, Papa Benedetto XVI accolse la sua rinunzia per sopraggiunti limiti di età.

E’ stato un uomo di Fede e di Obbedienza e con San Paolo ripeteva: ”civis romanus sum” , in obbedienza alla chiamata del Papa.
«Gli orientali cattolici – era il suo pensiero – devono continuare la missione di portare nel cuore della cattolicità i tesori dell’Oriente cristiano. La Chiesa Cattolica non si identifica con la sola tradizione latina; è arricchita dall’apporto delle tradizioni orientali, che la compongono a tutti gli effetti, con relativi diritti e doveri». Riteneva le Chiese Orientali «eredi di un patrimonio prezioso per la Chiesa universale, perché conservano le testimonianze dei Padri dei primi secoli. Un tesoro di liturgia, riflessione teologica, spiritualità, musica e disciplina». «L’uomo di oggi», era solito sostenere, «ha bisogno dell’apporto dell’Oriente e dell’Occidente. Le parole dell’Occidente non possono parlare al mondo moderno senza le parole dell’Oriente. Dobbiamo respirare con i due polmoni». Ha servito con passione la Chiesa Siro-Cattolica che, diceva, «è nata quasi nel cenacolo, perché Gesù, Maria e gli apostoli parlavano il siriaco antico, cioè l’aramaico. La lingua della prima evangelizzazione, la lingua di tutto il Medio Oriente».
È stato anche un protagonista del dialogo con l’Islam, nella consapevolezza che le religioni non si combattono e che le questioni di attrito sono di natura politica e non religiosa. Un punto fermo del suo pensiero era far comprendere che «non tutti gli arabi sono musulmani e tra i musulmani non tutti sono arabi. Arabo, insomma, non è sinonimo di musulmano. All’interno della vasta comunità di lingua e cultura araba troviamo espressioni religiose e di pensiero molto diverse tra loro». Soprattutto era fiero della «significativa comunità cristiana» che «vive nel contesto arabo e ne condivide i valori». Una consapevolezza che lo ha portato in prima linea per cercare di frenare la continua «emigrazione dei cristiani dal Medio Oriente a causa dell’insicurezza»

Il Cardinale Daoud era sempre insieme a noi durante i festeggiamenti in occasione della festa di San Marun e i fedeli potevano riconoscerlo seduto tra gli alti prelati al lato dell’altare. E’ così, seduto e in preghiera, che tutti noi lo ricorderemo nelle nostre invocazioni supplici a Dio affinché lo accolga alla sua destra ammettendolo a godere della luce del Suo volto.

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